Urgenza, priorità e organizzazione

urgènza s. f. [dal lat. tardo urgentia, der. di urgens -entis «urgente»]. – 1. Il fatto, la condizione di essere urgente; situazione che richiede interventi immediati e rapidi: abbiamo u. di soldi; puoi farlo quando credi, non c’è u.; l’ammalato è stato ricoverato d’u. all’ospedale; chiamare d’u. i vigili del fuoco; è partito d’urgenza. 2. Sign. e usi partic.: a. In diritto civile, provvedimenti di urgenza, provvedimenti atipici, provvisorî e strumentali, di natura cautelare, adottati dal pretore o dal giudice istruttore per assicurare che la futura pronuncia del giudice non resti pregiudicata dal tempo necessario ad attuarla: è stato immediatamente reintegrato nel posto di lavoro con provvedimento d’u. del pretore. b. In varie amministrazioni pubbliche, procedura d’urgenza, seguita in casi urgenti, anteponendo l’istruzione e la risoluzione del caso urgente a quelle dei casi normali; diritti d’urgenza, corrisposti per avere, da un pubblico ufficio, una prestazione o un servizio con precedenza su altri richiedenti che quel diritto non hanno pagato. c. In medicina, chirurgia d’urgenza, settore che si occupa degli interventi chirurgici di pronto soccorso, di origine prevalentemente traumatica (come ferite, schiacciamenti, lussazioni, fratture, scottature e ustioni, corpi estranei). d.Sollecitudine, rapidità: questo pacco va spedito con urgenza (e, in genere, l’espressione con u.equivale a urgentemente); fare urgenza, sollecitare, premere perché una cosa sia fatta con rapidità. Negli ordini di borsa, u. immediata, clausola equivalente a volando (v.).

Questa è la definizione del vocabolario della parola urgenza. Come si può facilmente dedurre da questa definizione, l'urgenza è una condizione in cui una persona o un avvenimento particolare richiede un intervento immediato. A questa definizione penso sia necessario inserire anche la condizione nella quale ciascuno di noi si trova per impellenti necessità vitali.

Non c'è quindi alcuna connessione con l'attività organizzativa del lavoro quotidiano. Definire quindi una riunione, una telefonata, un'email o una qualsiasi attività lavorativa o professionale, urgente, è sbagliato, malgrado si tratti di una situazione e una condizione nella quale ognuno di noi spesso si viene a trovare.

Ma il problema non è solo di tipo linguistico, ma sostanziale.
Perché nella vita professionale che stiamo vivendo c'è la necessità di definire pratiche assolutamente normali, urgenti?
Le risposte sono esclusivamente due: disorganizzazione e mancata programmazione.

Esiste forse una terza causa alla necessità di definire la pratica del lavoro o di un'attività urgente ed è il sottodimensionamento del personale con cui si lavora o a cui viene affidata una determinata mansione.
Partendo da quest'ultima causa, l'urgenza diventa una condizione pressoché costante per chi si trova a gestire una mole di lavoro eccessiva, che non consente il giusto e il dovuto frazionamento del proprio tempo a danno di una giusta e necessaria organizzazione.
Pensandoci meglio però, il sottodimensionamento del personale all'interno delle organizzazioni lavorative è alla base delle altre due cause dell'affidamento di compiti urgenti: la disorganizzazione e la mancata programmazione.
La disorganizzazione è quindi frutto dell'ignoranza e della sottovalutazione del lavoro da svolgere, al punto da dover definire urgenti, lavori che potrebbero essere considerati attività normali o di semplice routine.
Quindi la disorganizzazione è anch'essa un effetto della causa madre di tutte le urgenze: la mancata programmazione.

Per essere precisi, andando a rileggere la definizione del vocabolario (significato 2, paragrafo d), si trova anche, come sinonimi, sollecitudine e rapidità. Bene, sollecitudine e rapidità sono caratteristiche di azioni che in contesti lavorativi implicano uno svolgimento tempestivo, che non consentono deroghe e ritardi e che quindi devono essere svolti immediatamente, spesso sotto pressione e soggetti chiaramente ad errore.
Per evitare tutto questo è forse meglio definire questo tipo di lavoro prioritario: togliendo ed escludendo quindi l'urgenza che rende lo svolgimento del compito ansiogeno e soprattutto soggetto all'errore.

Programmare il lavoro in funzione degli obiettivi che si sono stabiliti, o che si vogliono o si devono raggiungere, diventa quindi prioritario di qualsiasi attività professionale, lavorativa e organizzativa.

Tutto quanto detto ha particolare valore con particolare riferimento all'attività organizzativa di complesse attività con scadenza temporale come fiere ed eventi di qualsiasi tipo, dove si ha responsabilità di coordinamento di un numero importante di collaboratori e fornitori.



Alcuni rapidi suggerimenti per non ricorrere alla gestione del proprio lavoro in urgenza:

Primo, programmare la propria attività e delle persone con cui si lavora a stretto contatto con suddivisione giornaliera, settimanale, mensile, semestrale, annuale ed anche triennale.

Secondo, rivedere, aggiornare, correggere e migliorare la programmazione effettuata in funzione delle condizioni esogene alla propria attività che cambiano (o che possono cambiare) e delle persone con cui si lavora o di nuovi impegni che possono essere nel frattempo sopraggiunti.

Terzo, calcolare e lasciare sempre un po' di tolleranza in questi programmi affinché qualsiasi imprevisto o sopraggiunto impedimento non vada a guastare la bontà di quanto si è ipotizzato.