L’unica vera innovazione per il futuro del settore fieristico è la possibilità di offrire spazi accessibili e fruibili comodamente da tutti i visitatori

La vera e unica sfida per il settore fieristico nei prossimi anni sarà la ricerca di garantire a tutti i visitatori l’accessibilità degli spazi espositivi: con ordine cercherò di offrire spunti di riflessione sull’argomento.

In tanti anni che frequento abitualmente manifestazioni fieristiche di ogni settore, è a mio avviso sempre più evidente che la sfida più importante, per tutti gli attori coinvolti, sarà la possibilità di offrire ai visitatori il miglior servizio possibile. In particolare, la sfida è per i responsabili dei quartieri fieristici, per gli organizzatori, per gli allestitori, per tutti i fornitori esterni e ovviamente per le aziende che espongono.

Se la soddisfazione dei visitatori è certamente l’obiettivo principale di tutti, allora bisogna agevolare in ogni aspetto la loro permanenza in fiera.

Certamente esistono responsabilità differenti sull’offerta di servizi per i visitatori.

Il quartiere fieristico e l’organizzatore hanno responsabilità importanti a rendere la visita un’esperienza positiva: date, orari, accessi, segnaletica, ingressi, parcheggi, servizi accessori devono essere completi e sufficienti a soddisfare la domanda dei visitatori.

Anche un piccolo fornitore, per esempio un catering o l’azienda che noleggia le piante per abbellire gli stand, deve dare impressioni positive della propria attività: per intenderci il catering deve offrire rinfreschi di qualità e il vivaista noleggiare piante in fiore e non appassite.

A maggior ragione quindi, l’azienda che partecipa alla fiera come espositore deve garantire ai visitatori il miglior comfort e la possibilità di accedere al proprio stand liberamente, godendo di spazi adeguati.

L’organizzatore, da par suo, ha il dovere di disegnare una mappa della fiera, con spazi giusti fra un isolato e l’altro, con corridoi sufficientemente larghi per il passaggio dei visitatori, offrendo l’opportuna luce al settore industriale rappresentato. L’organizzatore ha altresì il dovere di suggerire agli espositori percorsi migliorativi. Di edizione in edizione, l’organizzatore soddisfa la domanda delle aziende offrendo spazi sufficienti al ricevimento dei visitatori. Ma se un’azienda, nell’edizione successiva, necessita di maggiore area espositiva, l’organizzatore deve trovare soluzioni migliorative o alternative come: ampliamento dello stand, occupazione dei corridoi, nuove aree esterne, sviluppo in altezza dello stand con la creazione di soppalchi.

Diventa quindi essenziale che il quartiere fieristico che ospita la manifestazione, abbia sufficiente area occupabile da dedicare alla manifestazione. L’ampliamento e l’ammodernamento dei quartieri fieristici è certamente la soluzione principale a questo problema: tanti passi avanti sono stati fatti negli ultimi anni in questa direzione e altri ne verranno fatti certamente in futuro.

A completare il quadro c’è anche il ruolo della città ospite che deve poter offrire servizi adeguati alla mole di visitatori ospiti della fiera: trasporti, stazioni, aeroporto, tempo libero, shopping, cultura.

Fatta questa opportuna introduzione, arrivo al dunque. Le aziende hanno il dovere di avere un ruolo proattivo quando diventano espositori di una qualsiasi fiera. In funzione dei propri obiettivi, l’azienda programma e pianifica la propria partecipazione come espositore, valutando la superficie occupata dal proprio stand e dell’allestimento necessario e provando a fare previsioni sul numero e la qualità di visitatori che verosimilmente transiteranno nel proprio stand.

Di fatto, lo stand deve essere in grado di ricevere ogni tipologia di visitatore: i clienti, quelli con appuntamento prefissato, i potenziali interessati e anche i semplici curiosi. La progettazione dello spazio espositivo ha l’obbligo di prendere in considerazione le diverse esigenze di ogni visitatore, sebbene non ci siano normative che regolino l’argomento. Quindi è necessario progettare spazio sia per i visitatori di qualità, ma anche considerare la quantità di visitatori che, passando davanti allo stand, potrebbero fermarsi e diventare clienti.

È questo poi il ruolo mediatico delle manifestazioni fieristiche: veicolare un messaggio in un luogo pubblico in funzione di un target preciso, più o meno vasto.

Durante lo svolgimento delle fiere, però, tanti stand espositivi diventano luoghi non accessibili a tutti, a causa della presenza di barriere architettoniche. Esistono certamente progettisti e allestitori lungimiranti, che prevedono stand senza gradini o con ingressi con adeguati scivoli di ingresso. In questo caso l’accessibilità allo stand è garantita per tutti: portatori di diverse abilità motorie (sostanzialmente chi è seduto giocoforza su una carrozzina), chi ha con sé un bambino sul passeggino, oppure chi ha semplicemente qualche valigia o trolley con sé.

Quando però questo non accade, avviene, a mio avviso, un clamoroso autogol. Esistono infatti tantissimi potenziali visitatori che, a causa della poca attenzione negli allestimenti di molti espositori, vivono le fiere come un luogo non del tutto ospitale. Solo in Italia ci sono circa 4,5 milioni di disabili che rappresentano il 7,5% della popolazione. La popolazione lavorativa attiva con disabilità è certamente inferiore, ma parliamo comunque di numeri importanti.

Detto questo, è bene ricordare che le fiere sono luoghi inclusivi, non esclusivi. In alcuni casi esistono fiere o settori di fiere con padiglioni o aree riservate, magari a invito, ma questo è un altro discorso, che prescinde dal significato di inclusività ed esclusività.

La fiera è luogo di incontro per tutti, senza distinzione. Magari circoscritto a un determinato settore o segmenti di settore, ma all’interno di quel sottoinsieme, l’accesso deve essere garantito a tutti, ovunque. Ogni azienda quando partecipa come espositore deve lavorare per offrire questa libertà.

La seguente foto è il classico esempio di cosa succede, abitualmente, in qualsiasi fiera, in Italia e all’estero. In alcuni settori e per alcune fiere, le barriere all’ingresso degli stand superano talvolta il 20% del totale. Ripeto, non è un bel biglietto da visita per un’azienda.

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Anche in assenza di una normativa specifica sull’argomento, che impedisca il proliferare di barriere architettoniche all’interno delle fiere, è compito delle aziende, e non dell’organizzatore, impedire questa sorta di esclusività del proprio spazio espositivo. L’espositore, congiuntamente con il progettista dello stand e l’azienda che fornisce l’allestimento, deve trovare le soluzioni per essere inclusiva e presentare degnamente la propria azienda.

È utile ricordare che spesso esistono casi di buona volontà a superare le barriere architettoniche, ma con scarsi o pessimi risultati: scivoli e passerelle che risultano insufficienti, troppo stretti, posti in prossimità di arredi, non visibili, oppure con inclinazioni eccessive.

Affronterò il tema dell’allestimento senza barriere architettoniche in un altro post, in questo mi limito solo a cercare di porre all’attenzione il problema.

Il settore fieristico riuscirà a rinnovarsi solo se riuscirà ad essere il più possibile vicino alle esigenze dei visitatori, rendendo l’esperienza fieristica sempre più facile: questa è una grande sfida, garante di serietà e affidabilità. Il lavoro più importante è però dovere e sensibilità di ogni azienda nel momento che decide di esporre la propria attività o produzione in fiera. È l’azienda che conosce il proprio target, i propri clienti e i potenziali tali, ed è quindi l’azienda che deve lavorare per metterli a proprio agio durante l’esperienza in fiera.

Ogni azienda deve offrire spazi ampi, comodi, accessibili, e sempre più vivibili, disegnati per rispondere alle esigenze di tutti, anche delle categorie di visitatori più deboli.